Cooperazione, mutualità, localismo

Campagna toscana multicolore

Le società cooperative – società di persone, ossia costituite da soci che partecipano al capitale – non hanno l’ obiettivo di distribuire un guadagno sotto forma di dividendo, ma piuttosto quello di offrire agli stessi soci il proprio prodotto o il proprio servizio a “condizioni” migliori (principio di mutualità). Creando, in questo senso, “vantaggi” per le comunità locali di cui sono – proprio attraverso i soci – espressione diretta.

La cooperativa è quindi una società che persegue obiettivi di natura economica, dal momento che è sul mercato, e vi rimarrà se sarà in grado di competere con gli altri player. Mira a raggiungere il massimo livello di produttività e redditività per assicurare, come obiettivo a lungo termine, la continuità della cooperativa. La differenza rispetto alle altre forme societarie sta però negli scopi che si prefigge, di vantaggio collettivo (rispetto al lucro individuale) e di attenzione, pertanto, ai bisogni delle persone attraverso legami di solidarietà e partecipazione democratica alla vita della cooperativa bancaria.

LA “MUTUALITÀ PREVALENTE”

Il Testo Unico Bancario stabilisce che l’esercizio dell’attività bancaria, svolto da società cooperative, è riservato alle Banche Popolari e alle Banche di Credito Cooperativo (BCC).

L’ordinamento disciplina le BCC pertanto come intermediari caratterizzati dalla finalità mutualistica e da un’operatività circoscritta ai territori di insediamento. La tutela della cooperazione mutualistica, in tal senso, è talmente alta nel nostro ordinamento da trovare esplicito riferimento nell’Articolo 45 della Costituzione.

Il concetto di “mutualità prevalente” (ossia il vincolo normativo che impone alle BCC di erogare credito “prevalentemente” ai soci) è allora ciò che caratterizza l’essenza normativa e giuridica delle BCC. Ed è in riferimento al mantenimento degli scopi mutualistici che si è, nel tempo, sviluppato l’insieme di norme a tutela della loro originale esperienza.

DENOMINAZIONE E FORMA GIURIDICA DI UNA BCC

Le Banche di Credito Cooperativo devono costituirsi sotto forma di società cooperative per azioni a responsabilità limitata.

La denominazione deve contenere l’espressione ‘credito cooperativo’ e, in relazione al carattere “locale” delle BCC, deve avere riferimenti utili a identificarle nelle specifiche aree di mercato in cui operano.

I SOCI E LA DEMOCRAZIA ECONOMICA

Possono diventare soci di una BCC persone fisiche residenti, aventi sede o operanti con carattere di continuità nella zona di competenza territoriale della banca (per le persone giuridiche si tiene conto dell’ubicazione delle unità operative). I soci – ai sensi di legge della recente di riforma del Credio Cooperativo – devono essere almeno 500.

La democraticità di funzionamento della banca è assicurata dai limiti di partecipazione del socio e dal principio del voto capitario (“una testa un voto”) mentre la finalità lucrativa è esclusa dai limiti alla distribuzione degli utili e dal principio di indivisibilità delle riserve.

Pertanto, ciascun socio cooperatore ha diritto ad un solo voto, a prescindere dall’entità della partecipazione posseduta, che non può essere superiore, per valore nominale, a 100 mila euro (anche per impedire che una disparità tra soci possa essere di ostacolo al raggiungimento degli scopi mutualistici).

ZONA DI COMPETENZA TERRITORIALE

La zona di competenza territoriale di una BCC, definita in fase di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria – ricomprende i Comuni nei quali la Banca ha la propria sede ed i propri sportelli. Non si tratta di una mera classificazione geografica, ma di una specifica che definisce legami molto stretti e profondi tra la BCC e le famiglie e le imprese del territorio.

Le BCC sono, pertanto banche:

  • del territorio (i soci sono espressione del contesto in cui l’azienda opera);
  • per il territorio (il risparmio raccolto in un territorio viene reinvestito in quello stesso territorio);
  • nel territorio (appartengono al contesto locale al quale sono legate da un rapporto di reciprocità).

DESTINAZIONE DEGLI UTILI

In relazione alla normativa di riferimento delle BCC contenuta all’interno del Testo Unico Bancario e delle Disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia, le BCC: 

  • devono destinare almeno il 70% degli utili netti annuali a riserva legale;
  • devono corrispondere una quota del 3 per cento degli utili netti annuali ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (Fondosviluppo SpA);
  • la quota di utili rimanenti (che non è utilizzata per la rivalutazione delle azioni o assegnata ad altre riserve o distribuita ai soci) deve essere destinata a fini di beneficenza o mutualità. La disciplina degli utili distribuiti ai soci è oggi integrata dalle disposizioni stabilite dal nuovo diritto societario, che per le BCC, in quanto cooperative a mutualità prevalente, stabilisce un limite alla distribuzione dei dividendi.

Gli eventuali ristorni ai soci (se previsti dallo statuto della banca) devono essere corrisposti in modo che il relativo ammontare non ecceda il 50 per cento dell’utile netto che residua dopo l’accantonamento a riserva legale e la contribuzione ai fondi mutualistici nelle misure previste dalla legge.

Fonte: sito Federcasse